Acuto dopo il Covid-19

Autore: Arch. Laura Meloni


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LE TERME DI MORETTI E LA CITTA’. UN’OCCASIONE DI RIGENERAZIONE URBANA

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Donna, Architetto e Bella Ciao

 

 

 

 

 

Autore: Arch. Laura Meloni

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Open! Studi Aperti, è andato tutto bene!

 

 

 

 

Autore: Arch. Laura Meloni

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Lettera aperta al Senatore Renzo Piano

 

 

 

 

 

 autore: Arch. Marco Mariani


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Acuto dopo il Covid-19

Autore: Arch. Laura Meloni


48 gg

 

Ore 7.50 a.m.

 

Non nascondo che riflettere in queste condizioni se pur necessario mi riesce non senza  difficoltà. Questo tempo dilatato mi spinge più a trovare memorie nascoste dal ritmo concitato della vita così detta normale.

 

Ma il brusio continuo, l’ansia che sale rispetto all’imminente fase  due mi porta quasi mio malgrado a pensare agli spazi collettivi che ci troveremo di nuovo a condividere.

 

Sono 48 giorni che sono confinata a casa con la mia famiglia, mio marito e due bambini di 11 e 8 anni. L’ultima volta che siamo usciti insieme era il 10 marzo, il compleanno di nonna Anna, le abbiamo fatto gli auguri dalla pineta, da lontano. Noi viviamo nel centro storico, senza giardino, senza terrazzo. Alle 18,30 di ogni giorno facciamo ginnastica tutti insieme ed i miei figli prendono caramelle alla vitamina D. Hanno paura di uscire, me ne rendo conto, ma con una grande forza vanno avanti, tra compiti e collegamenti on line con i loro amici. Siamo fortunati, me ne rendo conto, ma non riesco ad immaginare come tutto questo inciderà sulle loro vite.  A  Giovanni manca la possibilità di incontrare fisicamente i suoi amici, la partita a calcio in pinetina più di tutto, a Sergio la scuola e i nonni, la loro casa, le sue cose. A me le camminate sulla pista, respirare pensare un attimo in solitudine.

 

In questo periodo di pandemia ci siamo resi conto che il modello di vita a cui siamo abituati ha dimostrato tutti i suoi limiti e che è necessario cambiarlo e adeguarlo al futuro prossimo. In un primo momento abbiamo tutti pensato che fosse un periodo transitorio che sarebbe finito presto, poi abbiamo capito che la situazione assumeva un aspetto più complicato e diventava tutto più lungo e infine abbiamo preso coscienza che il momento della fine e quindi della ripresa prevedevano un ripensamento delle nostre abitudini.

 

Siamo in un momento di rivoluzione sociale, culturale e ovviamente anche economica con un impatto fortissimo sulle nostre vite e dobbiamo pensare che è necessario trasformare questo momento difficile e complicato in un’opportunità per lo sviluppo di nuovi modelli di vita, per questo anche nel nostro piccolo dobbiamo confrontarci, abbiamo bisogno l’uno delle competenze dell’altro. Io propongo delle piccole trasformazioni, delle linee guida che la mia professione mi rende naturale immaginare, sarebbe necessario e meraviglioso che ognuno proponesse le proprie.

 

Questo momento di transizione ha bisogno di pensare a spazi di vita, ovvero spazi per fruire di una socialità nuova, più diradata, prudente e sicura. Il bisogno di uscire dalle nostre abitazioni e ritrovarci necessita di spazio, ampio, verde, nuovo. In questo colgo opportunità per pensare alla scuola, ai parchi pubblici, ai boschi con nuovi paradigmi. Di seguito vi propongo alcuni punti:

 

1) Ciclopolitana

 

2) Scuola all’aperto

 

3) Ampliamento dei Parchi Urbani

 

4) Ampiamento del Centro Sportivo di Casenuove

 

5) Foresta Urbana ed Extra Urbana

 

sono tutte realizzabili "quasi a costo zero", esse oltre a rappresentare soluzioni per convivere  nell'attuale fase covid  getterebbero anche le fondamenta per una visione del paese verso un’offerta  turistica che potrebbe aiutare anche la nostra debole economia. 

 

In estrema sintesi Oggi che tutti abbiamo sperimentato una condizione eccezionale, non c’è momento migliore per osare lo straordinario."

 

 

 

 

1)      CICLOPOLITANA:  la ristrutturazione  della pista ciclabile  Fiuggi Paliano prevista e già finanziata, la realizzazione della pista urbana a fiuggi ed il collegamento con la riserva di canterno, potenzieranno ulteriormente la presenza di ciclisti e turisti già a dire il vero abbastanza numerosi.  Tuttavia, così come è strutturata la pista, il paese non riesce ad intercettarne “il traffico” e questo a parer mio rappresenta un’occasione persa. Con l’obiettivo di cambiare questo modello la proposta prevede la realizzazione di una pista ciclopedonale protetta che dalla Ex Stazione vada verso Viale Roma passando a ridosso  della Biblioteca, e la realizzazione di un altro tratto sempre protetto che dalla Ex Stazione si diriga verso il centro sportivo di Casenuove. E’ prevedibile che le piste ciclabili siano tra le prime infrastrutture ad essere finanziate.  Un altro sfioccamento realizzabile a costo zero potrebbe essere rappresentato dalla realizzazione di una zona 30 che dalla casa di Agostino vada su strada verso viale Roma, Corso Umberto, Centro Storico per poi scendere sulla circonvallazione e ritornare sul tratto Fiuggi Paliano. Tale tour potrebbe essere incentivato da una cartellonistica interattiva collegata ad una app dedicata di realtà aumentata. Il vantaggio di tale intervento è quello di portare un flusso di persone a fruire della ricchezza storico artistica, culturale, paesaggistica ed enogastronomica del paese di Acuto.

 

1)      SCUOLA ALL’APERTO:  Vivere il più possibile all’aria aperta in sicurezza sarà il tema nella fase di transizione di convivenza con il virus. La scuola di Acuto fu ideata e progettata insieme ad un parco che la circondava totalmente. La “pineta” purtroppo dagli anni 60 è stata vista più come spazio disponibile che come ricchezza da curare e accrescere. Prima la costruzione della scuola materna, l’ambulatorio poi le casupole della sip e del deposito poi ampliato, sempre ai danni della pineta, e ristrutturato come centro anziani. Il campo da bocce e i terrazzamenti pensati per accogliere   le feste estive. Negli anni ‘80 vennero abbattuti tantissimi alberi per ospitare la nuova sala consiliare, lavori poi interrotti e la successiva sistemazione nota e amata dai bambini come piazzetta gialla.  Come non parlare di un altro intervento, forse il più devastante, tutt’ora previsto, la costruzione di una palestra al posto dell’area verde retrostante la scuola. Verde invece quanto mai necessario in questa fase della nostra vita, prima di tutto perché occorrerà distribuire i bambini nelle pinete in maniera più diffusa per evitare troppo affollamento a ridosso dei giochetti o della piazzetta gialla. Potrebbe essere utile quindi, attrezzare anche le altre aree  a ridosso delle scuole. Inoltre i nuovi paradigmi educativi invitano sempre più spesso a ripensare lo spazio-lezione travalicando i confini fisici delle aule.

 

Una panoramica sulle istituzioni educative più all’avanguardia, in realtà, ci aiuta a capire che le ‘aule all’aperto’, come il progetto A.LA.S. (Aree Laboratoriali di Sensorialità), possono rappresentare il setting idoneo per esperienze di apprendimento complete e coinvolgenti, in cui la sensorialità diventa il canale privilegiato per la costruzione del pensiero riflessivo e delle competenze. Fortunatamente oggi le cose stanno cambiando di nuovo e la ricerca nazionale, cavalcando l’onda della cultura ecologica della sostenibilità da un lato e quella del rinnovato interesse per il concetto di spazio come elemento educativo dall’altro, sta riscontrando ampio interesse nel riproporre il tema dell’ambiente esterno come luogo di apprendimento in continuità con l’apprendimento in aula. Tutto questo, in questa fase assume certamente un aspetto di estrema attualità che merita evidentemente ulteriori approfondimenti.  

 

Per salvare la pineta dietro la scuola si potrebbe costruire la palestra nel piazzale antistante, con un tetto giardino accessibile sia dalla scuola materna che dalla pineta e dalla scuola media. Costruire la palestra in modo che diventi una vera e propria struttura polivalente cerniera tra i diversi gradi scolastici. Il vantaggio sarebbe anche quello di realizzare spazi porticati osmotici  fra le diverse attività all’aperto.

 

3)      AMPLIAMENTO DEI PARCHI URBANI  La peculiarità di Acuto è che da un punto di vista topografico-urbanistico il centro storico medioevale attraverso il borgo ottocentesco si lega senza soluzione di continuità ai diversi ampliamenti degli anni ’70-’80. L’effetto dissonante che spesso si ha in altri paesi è attutito dalla presenza della “Pineta” che funge da barriera osmotica tra il centro storico e l’espansione edilizia avvenuta per esempio lungo via capodimonte, nella zona dietro l’edificio scolastico. Casenuove è sempre rimasta separata dalla Via Prenestina il cui attraversamento rimane un elemento critico soprattutto per i più piccoli. Se ai due tratti di ciclopolitana su descritti si aggiungesse un ampliamento del parco a ridosso delle attrezzature sportive di Viale Roma si otterrebbe una ricucitura urbana immediata con facile superamento delle terribili pendenze di Via Santa Maria de Mattias e Via Luisa Verdecchia. Tale intervento richiederebbe l’esproprio del terreno confinante con il parco giochi esistente.

 

Stato attuale

Idea di progetto

4)      Ampiamento del Centro Sportivo di Casenuove Con l’arrivo della pista ciclopedonale il centro sportivo dovrebbe essere potenziato con spogliatoi e servizi più efficienti e soprattutto con l’installazione di un pavimento adeguato alle attività sportive essenziale sia per aumentare le attività ed il livello delle stesse ma soprattutto per mettere in sicurezza l’attuale assetto.  Nel periodo invernale inoltre sarebbe interessante predisporre una pista di pattinaggio su ghiaccio. Intervenendo in questo modo potrebbe essere anche pensabile dare in gestione il centro e creare così uno o due posti di lavoro.

 

5)      Foresta Urbana ed Extra Urbana   Implementazione di nuove piantumazioni in luoghi strategici come intorno al centro sportivo di Casenuove e Viale Roma, della pineta sulla strada del Cimitero vera e propria porta verso la montagna. Ri-naturalizzare alcune zone di Acuto attraverso lo sviluppo di foreste urbane. Queste aree urbane riprogettate in chiave green attraverso la capacità naturale delle piante di abbattere le sostanze inquinanti, ripristinare il suolo e lo spazio alla fruizione della comunità, e trasformare le aree marginali in veri e propri hub verdi all'interno della città, per esempio la zona delle case popolari. Ampliare il “giardino” a ridosso della Chiesetta della Santissima. Ripristinare le aree del vecchio rimboschimento andate a fuoco. Curare i boschi, luoghi che siano a disposizione di tutta la comunità, non solo in funzione delle operazioni di taglio ma anche con un’ottica di riforestazione del bosco stesso. Bonificare dal Piombo l’area di Colle borano, cessare l’attività di tiro a piattello. Tanti i canali di finanziamento per queste operazioni una su tutte è OSSIGENO della Regione Lazio.

 

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LE TERME DI MORETTI E LA CITTA’. UN’OCCASIONE DI RIGENERAZIONE URBANA

Un'opera nel cuore di un Sito di Interesse Comunitario, un'architettura visionaria di un Maestro assoluto del novecento che se avesse avuto a disposizione un computer avrebbe fatto tremare i polsi a Zaha Hadid. Un'opera recentemente inserita dal MIBAC nell'atlante di architettura moderna.

Un oggetto unico, prezioso ma svuotato delle proprie funzioni, in una fonte Bonifacio sempre meno frequentata e nella quale la “cura idropinica” viene svolta soprattutto all'inizio del percorso in mezzo al bosco fuori dal costruito in cui  il fungo di Moretti rappresenta solo l'ultima tappa. 

Esistono esempi di Architetture importanti che hanno e continuano a fare la fortuna di una città ma nella maggior parte dei  casi sono "riempite" di funzioni attrattive; basti pensare alla basilica Palladiana a Vicenza che ospita al suo interno bar, caffe, ristoranti, musei, uffici ... un edificio costruito nel 500 ma ancora vivo perché utilizzato con funzioni necessarie contemporanee e attrattive.

Perché non fare lo stesso del fungo di Moretti e di tutto il complesso? Come?
Aprendo gratuitamente tutta la zona  costruita come percorso urbano restituito alla città, un’isola pedonale permanente, offrendo una passeggiata alternativa a quella davanti piazza Spada, ed implementando il complesso con funzioni attrattive, oltre a quelle già presenti, come sale espositive temporanee, il museo Moretti, 

le fasce commerciali riattivate con l'apertura di bar ristoranti, negozi 

 

 

oltre a percorsi di nordic walking ed altre attività sportive/ricreative, lasciando la zona a monte a pagamento e destinata esclusivamente alle cure idropiniche.

In alternativa si potrebbe continuare a lasciarla all'uso esclusivo dei pochi utenti rimasti, nell'imminente degrado ed alla fruizione culturale dei soli addetti ai lavori.

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Donna, Architetto e Bella Ciao

 

 

 

 

 

Autore: Arch. Laura Meloni

 

Se dovessi fare una fotografia della mia vita professionale oggi, 23 aprile 2019 sarebbe una foto non molto nitida, attualmente c’è molta confusione intorno alla figura dell’architetto libero professionista, figuriamoci intorno al ruolo dell’architetto donna.

 Sento talmente forte questa incertezza che a volte nel tran tran quotidiano mi domando:

 <<Come ci sono arrivata fin qua?>>

Relazioni al contorno

   Io sono nata a Roma, di Febbraio, un sacco di anni fa, figlia unica, sono stata cresciuta da due splenditi trentenni degli anni ’70 che nonostante la crisi energetica, il terrorismo e la guerra fredda credevano nel futuro.  Nati alla fine della seconda guerra mondiale, sono stati tirati su con molti sacrifici ma anche con tanta gioia e fame di prospettiva. Mia madre,  maestra, mio padre camionista. A disegnarla così sembra una coppia variegata e forse lo è, però ho visto entrambi leggere tanto, informarsi, partecipare alla vita sociale e politica del nostro piccolo paese. Ricordo le domeniche mattina, quando dopo la messa andavo in sezione con mio padre, socialista da quando aveva vent’anni.  I fratelli di mia madre invece, neanche a dirlo,  erano comunisti.

Non ho conosciuto i nonni materni, mio nonno morì quando mia madre aveva un anno e mia nonna molto prima che io nascessi. Sono stata cresciuta dai mie nonni paterni nonno Peppe e nonna Peppinella, ed è stato bello. Nati all’inizio del ventesimo secolo mi hanno allevata come se fossi un supereroe. Mio nonno a quattro anni mi insegnò le tabelline,a 12 a portare la macchina, cambiare la ruota, pulire la calotta tutto compreso, tutto in segreto, tutto tra noi. Mia nonna, con le sue bellissime mani levigate come i cigli di pietra calcarea rosa dei nostri vicoli, parlava con me davanti al camino, mi emancipava. Lei , nata nel 1909 era per il divorzio, per l’indipendenza della donna, per un’autonomia morale e sociale che necessitava in primo luogo di un’autonomia economica:

<< Perché uno sbaglio non può essere per sempre e la libertà ha un costo che devi sempre poterti permettere. >> Forse c’era del rimpianto in lei ma io ero piccola e troppo innamorata di mio nonno per poterlo cogliere.

Loro raccontavano ed io ascoltavo, pane, salame e antifascismo.

Ma se tutto questo potrebbe essere abbastanza per giustificare una certa formazione culturale come ci arrivai a Valle Giulia? Bella domanda. Vi ho detto che sono nata a Roma ma non che sono cresciuta ad Acuto, piccolo e bellissimo paese del nord Ciociaria. Un paese affezionato ai suoi Amministratori, dal ‘46 al 1975 governato da un solo Sindaco, democristiano, professore di lettere, persona molto colta di cui so poco dato che  quando la sinistra vinse con l’Ing. Pio Pilozzi io avevo solo 5 anni. La svolta fu determinante anche per la nostra scuola, guidata dal Direttore Tombolesi, un socialista rivoluzionario e appassionato, insieme i due portarono il tempo pieno ad Acuto. Un tempo pieno sperimentale, dove si facevano ricerche, disegni, rappresentazioni, si lavorava la cartapesta e si studiava il francese. Io mi ci trovai in mezzo, uscivamo tutti i giorni alle 16,40, e si andava a scuola anche il sabato. 44 ore settimanali , pensate adesso i miei figli ne fanno 27. In terza elementare, a storia, io capitai nel gruppo di approfondimento sulle abitazione dei diversi popoli che man mano studiavamo, le case, prima quelle degli assiri babilonesi, poi quelle degli egizi ed infine quelle dei romani, mi piacque tanto. Un giorno chiesi alla mia maestra chi era che “faceva” le case e lei candida rispose: “l’Architetto”.

Ed io mi avvitai estasiata intorno a quella bellissima parola, magica, sinuosa, antica, importante. Si caspita, io volevo fare l’architetto. All’uscita della scuola mi tuffai tra le braccia sognanti di mia madre e le dichiarai i miei intenti.

Ma ve l’immaginate voi una bambina di nove anni , di Acuto , sognare di fare l’architetto? Cosa doveva dirmi mia madre, forse disinnescare e dire vedremo? C’è ancora tanto tempo  amore mio non avere fretta?

Cosa pensate abbia fatto? Magari credete che mi abbia assecondato confidando che non fosse possibile che a nove anni una pazza potesse  decidere della propria vita. Vi sbagliate, non siete stati attenti, ho scritto braccia sognanti non a caso, perché mia madre, che non sapeva niente o quasi di architettura, mi prese molto sul serio e cominciò a comprarmi libri bellissimi sull’argomento, iniziò a sognare con me. Erano gli anni 70/80 tutto era possibile.

La scelta universitaria

Dalla terza elementare alla maturità scientifica fu un attimo, anni di formazione bellissimi,  così come l’adolescenza e la prima giovinezza dovrebbero sempre essere. Dove era finito il sogno di fare l’architetto? Non se ne era mai andato. L’anno che presi la maturità sui giornali si faceva un gran parlare di quanto in  Italia mancassero gli Ingegneri. Ci pensai. Il pensiero che entrambi le professioni fossero per lo più ad appannaggio maschile non mi toccava proprio. Ricordate? Ero stata educata alla possibilità, alla volontà ed alla fatica, non conoscevo pregiudiziali di alcun tipo. Pertanto quando mio padre mi sconsigliò di iscrivermi ad architettura le sue motivazioni mi scioccarono. Sostanzialmente mi avvertiva  che il cantiere fosse un ambiente per uomini, che l’architetto se non fosse stato figlio di architetto sarebbe stato difficilmente preso in considerazione e che se pure avessi avuto la fortuna di qualche lavoro nessuno mi avrebbe mai pagato. Ehhhhh? Problematiche di genere, di classe sociale e di categoria professionale in Italia? Ma non s’era detto che ero un supereroe? Una supereroina a cui nulla era impossibile?

Non ci fu discussione, mi iscrissi ad architettura.

La libera professione

Delle difficoltà incontrate lungo il percorso universitario non ne parlo, non mi credereste, vi do solo qualche coordinata, vecchio ordinamento, La Sapienza. Chi ci è passato capirà.

Dopo la laurea ho iniziato subito a lavorare. Ritrovai Marco, amico e compagno di studi del liceo e dei primi anni di università, architetto di talento, raffinato ed elegante. Anche lui non doveva pensare tanto male di me e così con coraggio ed incoscienza fondammo M+M. Avemmo subito la fortuna di poter lavorare su progetti importanti e senza risparmiarci avviammo la nostra attività. Poi un giorno venne a studio vestito da uomo della mia vita, da padre dei miei figli e lo ammetto persi un po’ di lucidità ma d’altra parte anche gli architetti, a volte, si innamorano.

Fu subito chiaro che il tempo del cantiere era la vera sfida, ovvero realizzare il progetto senza tradire la ricerca fatta a studio. All’inizio l’affrontammo insieme poi con il crescere degli impegni mi ritrovai cantieri da gestire da sola, direzioni dei lavori difficili e notti insonni. Affrontai tutto con coraggio e determinazione, anche la gravidanza non mi impedì di salire sui ponteggi e continuare a lavorare fino al giorno prima della nascita di Giovanni.

Poi nacque Giovanni e tutti i miei dubbi esistenziali svanirono, mi scoprii mamma, femmina, chioccia, persi la testa. Si persi la capacità di concentrazione, l’asse della mia esistenza si destabilizzò, come dire, è come se non fossi stata più io, il mio cuore fuori di me. Dovevo prendermi cura di Giovanni, volevo stare con lui punto. Ma se tutte queste mie ultime parole non avrebbero avuto senso  in altri paesi europei dove una professionista che ha un figlio viene sostenuta e protetta dallo Stato qui avere un bambino è quasi una colpa. Non lavori, non guadagni, non lavori e stai fuori. La cassa di previdenza dite? Cinquemila euro al compimento del sesto mese del bambino. E se lo studio associato si sostenne sulle spalle di Marco il fatturato crollò a testimoniare quanto il mio ruolo fin li fosse stato importante. Fu un momento dirimente quello,  se avessi avuto la partita IVA personale e se soprattutto non avessi avuto il sostegno dei miei genitori non ce l’avrei fatta. Ho capito, solo molto tempo dopo, di quanto in realtà fossero cambiate le cose  dopo la nascita di Giovanni tra me e la professione, continuai con caparbietà ma la gestione dei tempi e degli impegni si fece via via pressante, difficile. A studio arrivò Emanuela l’Arch Restante e successivamente nacque Sergio, il mio secondogenito preferito. Fatturato basso, prospettive buone, si andava avanti. Nelle notti che passavo con Sergio, io e lui, il latte e qualche telefilm australiano riuscii anche a studiare per il cosiddetto concorsone di Roma che passai ma di cui non si seppe più nulla. Sergio mi aveva rimesso a posto le sinapsi.

“Un supereroe può cadere, si può ferire ma poi deve rialzarsi, c’è pur sempre un mondo da salvare.”

Per educazione, formazione e attitudine personale sono stata sempre impegnata socialmente e politicamente e dopo aver maturato una certa esperienza professionale sono entrata a far parte del consiglio dell’ordine della mia provincia. Convinta di quanto l’Architetto sia indispensabile non posso che sentire sulla mia pelle quanto il momento sia tragico.  Dalla riforma Bersani alla centrale unica di progettazione  sembra quasi che il disegno comune della politica italiana sia l’abrogazione della libera professione. Per professione intendo l’attività lavorativa intellettuale. L’esercizio di alcune professioni è subordinato al conseguimento di una laurea specifica e al superamento di un esame di Stato abilitante. Tali prescrizioni, unitamente alla disciplina giuridica posta a regolamentazione della materia, mirano ad assicurare che i professionisti abbiano un’adeguata preparazione deontologica e tecnica e, nel contempo, a impedire che l’esercizio incontrollato della professione danneggi l’interesse pubblico.  Una patrimonio da valorizzare poiché spesso proprio nelle attività professionali risiedono occasioni di crescita , di innovazione e di lavoro. Ma le cose non stanno andando proprio nella giusta direzione, nella nostra provincia, per esempio, le iscritte sono pari al 37% del totale, hanno un’età media di 46 anni contro l’età media degli uomini pari a 41 anni. Un’età media comunque alta che ci racconta di una difficoltà dei giovani laureati ad iscriversi ed iniziare la professione con un’evidente accentuazione tra le neo laureate.

Una professione che l’attuale regime fiscale spinge ad affrontare singolarmente con la così detta flattax che se non verrà presto estesa anche agli studi associati man mano gli stessi scompariranno. Se da una parte quindi c’è una semplificazione fiscale, dall’altra si incentiva il doppio lavoro per i dipendenti pubblici, si indeboliscono i raggruppamenti tra professionisti fiaccando la loro crescita, la loro competitività anche in relazione a prospettive di lavoro nei  mercati esteri.

Eppure le tensioni sociali nelle periferie delle grandi città italiane ci raccontano altro, occorre un nuovo piano di edilizia popolare, un massiccio intervento sul patrimonio esistente ormai al limite.

Insomma continuo ad essere del parere che l’architetto sia indispensabile anche e soprattutto in un paese come l’Italia, il più bello ma anche il più antropizzato, il più mal ricostruito. Pensate, da un’indagine del CRESME su 15 milioni di edifici in Italia il 41% è stato costruito in autocostruzione, il 40% dai geometri, l’11% dagli Architetti e l’8% dagli ingegneri. Possiamo immaginare che nell’immediato futuro ci sia del lavoro? Possiamo risolvere la questione delle opere pubbliche dalla così detta “Centrale di Progettazione”?  Abbiamo il diritto di aspettarci che gli architetti reagiscano? Posso dire, qui ,su questo blog che qualche tempo fa scriveva una sentita lettera aperta al Senatore Renzo Piano , di quanto mi abbia profondamente deluso, nelle sue azioni e di più nel suo silenzio? Cosa credete abbia pensato un architetto italiano davanti alle dichiarazioni del capo del governo francese a poco più di 24 ore dalla distruzione del tetto di Notre Dame, con le quali annunciava un concorso internazionale di architettura per l’immediata ricostruzione? Probabilmente ha pensato che l’Architettura è una parola sulla quale avvitarsi,magica, sinuosa, antica, importante, e che l’architettura è cultura e attraverso essa si misura la visione e la grandezza di un popolo.

Nei nostri tg la notizia è stata data sostituendo concorso internazionale di architettura con gara internazionale perché come riportava la copertina di “L'Architettura - cronache e storia" di fine anni 70 l’Italia è un’AREA DISARCHITETTURIZZATA.

Quindi cari colleghi se non adesso quando? Quando trovare un’unità d’intenti e farci sentire, tutti, uniti, compatti?  O rimaniamo così, ognuno con la propria storia, i propri sogni, le proprie fatiche ad aspettare ancora qualche momento magari qualche anno prima di andare via o cambiare lavoro?

 

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Open! Studi Aperti, è andato tutto bene!

 

 

 

 

Autore: Arch. Laura Meloni

Si, è andato tutto bene, in termini di presenze e di partecipazione. Anche la proposta progettuale elaborata dal nostro studio, “FIUGGI UPGRADE” ha  riscosso un notevole successo. Gli interventi dei nostri ospiti poi, hanno saputo catturare l’attenzione dei partecipanti.  Insomma niente male per questa seconda edizione di Studi Aperti, iniziativa promossa dal Consiglio Nazionale degli Architetti, un evento che ha visto coinvolti oltre 700 studi di architettura in 92 provincie italiane.

 

Ma andiamo con ordine, lo scorso 18 Maggio abbiamo aperto lo studio alle ore 17.00 con l’inaugurazione della nuova parete lavagna da parte del Maestro Piero Fantastichini insieme al suo magnifico team, composto da 3 bambini con età tra i 5 ed i 9 anni, Giovanni, Sergio e Rosso…  Io penso  che “Open!”  sia un’iniziativa straordinaria perché ci da voce, visibilità e la reale possibilità di avvicinarci ai cittadini che sono i veri destinatari del nostro lavoro, ovvero del progetto di architettura.

 

Immagino vogliate sapere che cos’è “FIUGGI  UPGRADE”….

 

Fiuggi UPGRADE non è un progetto in senso compiuto, ovvero un’elaborazione che si caratterizzi per la preventiva individuazione di azioni, tempi, risorse, ruoli e aspettative di risultato.  E’ piuttosto un progetto nel senso  del  termine che deriva dal  latino  proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti, proiettare.

 

La faccio più semplice? E’ un’idea precisa di un’azione immediata, facilmente realizzabile, capace di provocare tante altre azioni ad essa correlate….

 

Come e Quando ? FIUGGI UPGRADE  viene elaborato nel 2017 su input di nostri colleghi che a livello regionale lavorano su un piano di itinerari ciclabili  finalizzato  alla  costruzione  di  una  rete  interregionale per il cicloturismo…

 

La sfida? Quella di realizzare una pista ciclabile urbana capace di riconnettere tutti i tratti già esistenti…. In linea teorica: individuare linee di riqualificazione capaci di determinare AMBITI di INTERVENTO potenzialmente oggetto di RIGENERAZIONE  ai sensi della L.R. 7/2017 e oggetto di  concorso di progettazione in due fasi.

 

Il concorso di progettazione in due fasi come momento di ricerca, di innovazione e di individuazione di una strategia, di una visione. Ma sto tergiversando….

 

Dicevamo, la pista ciclabile come conduttore… La nuova pista ciclabile attraversa gran parte del comune di Fiuggi, connettendo le varie centralità presenti sul territorio, tra cui il centro storico ed il centro sportivo Capo i Prati. Connessione di centralità urbane  e connessione territoriale, la pista si propone come snodo significativo per i territori  limitrofi tra cui la riserva del Lago di Canterno e la pista ciclabile  Fiuggi -Paliano  con un collegamento di estrema rilevanza con i Siti di Interesse Comunitario SIC.  Per una Lunghezza Totale di 47,10 Km che se paragonata con il  GRAB  di Roma che è lungo 44,2 Km ti viene da dire: “Mica male!”

 

L’idea è realizzare un “ FIUGGI WOODFRONT” , ovvero,  un intervento che  prenda ispirazione dagli innumerevoli esempi di ricucitura urbana in scala piccola e grande già realizzati in tutto il mondo sui lungomare; i cosidetti "waterfront". Ecco, mancando il mare ma essendo altrettanto forte ed importante la presenza del bosco abbiamo immaginato un lungobosco o meglio il primo "woodfront" intervento di riqualificazione e ricucitura urbana che costeggi un bosco.

 

 

L'invito a percorrerlo è tracciato dal fil rouge della pista ciclabile  lungo il percorso della quale si succedono epifanie, esperienze, inclusa la possibilità di "farsi il bagno" scivolando sospesi lungo gli alberi dei parchi termali oppure ...Immergersi in  Fiuggi città dell’acqua …o lasciarsi catturare dal museo open air…. Ovvero un Museo diffuso con codice QR / Audioguida all’interno del quale si possano scoprire  tutti quei luoghi dove sono accaduti avvenimenti importanti che hanno visto Fiuggi protagonista, poco conosciuti dalle nuove generazioni e sicuramente sconosciuti dai turisti. In linea con la app. NoMa, già in funzione a Palermo per ricordare i luoghi delle vittime della mafia, si potranno rivivere la storie in maniera immersiva attraverso la realtà aumentata attivabile con un semplice smartphone o in maniera più tradizionale con un’audioguida, un Museo open air con sculture a scala urbana e interattive, ne abbiamo fatto alcuni esempi… qui di seguito l’immagine di una statua ispirata da una cartolina storica.

Lo so, a questo punto vorreste vedere altre immagini… le abbiamo proiettate durante Open, ed a breve le pubblicheremo qui insieme agli interventi dei nostri ospiti Ulderico Gentile Consulente Finanziario e Gianfranco Battisti Presidente Nazionale  Federturismo.

 

Al termine degli interventi è iniziata  la festa! Abbiamo ballato di architettura e bevuto vino bio della cantina “Agricola Macciocca” fantastico! Da provare assolutamente.

 

Ed il prossimo anno? Uhm… io avrei un sogno… quello di progettare un parco inclusivo insieme ai bambini, alle associazioni  ed a chi volesse partecipare… magari un’intera  giornata , qui a studio,  a disegnare fiori parlanti, giochi d’acqua e scivoli mirabolanti ma fruibili da tutti, si proprio tutti. Che ne dite?

 

Lettera aperta al Senatore Renzo Piano

 

 

 

 

 

 autore: Arch. Marco Mariani


 

 

Si, è andato tutto bene, in termini di presenze e di partecipazione. Anche la proposta progettuale elaborata dal nostro studio, “FIUGGI UPGRADE” ha  riscosso un notevole successo. Gli interventi dei nostri ospiti poi, hanno saputo catturare l’attenzione dei partecipanti.  Insomma niente male per questa seconda edizione di Studi Aperti, iniziativa promossa dal Consiglio Nazionale degli Architetti, un evento che ha visto coinvolti oltre 700 studi di architettura in 92 provincie italiane.

 

Ma andiamo con ordine, lo scorso 18 Maggio abbiamo aperto lo studio alle ore 17.00 con l’inaugurazione della nuova parete lavagna da parte del Maestro Piero Fantastichini insieme al suo magnifico team, composto da 3 bambini con età tra i 5 ed i 9 anni, Giovanni, Sergio e Rosso…  Io penso  che “Open!”  sia un’iniziativa straordinaria perché ci da voce, visibilità e la reale possibilità di avvicinarci ai cittadini che sono i veri destinatari del nostro lavoro, ovvero del progetto di architettura.

 

Immagino vogliate sapere che cos’è “FIUGGI  UPGRADE”….

 

Fiuggi UPGRADE non è un progetto in senso compiuto, ovvero un’elaborazione che si caratterizzi per la preventiva individuazione di azioni, tempi, risorse, ruoli e aspettative di risultato.  E’ piuttosto un progetto nel senso  del  termine che deriva dal  latino  proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti, proiettare.

 

La faccio più semplice? E’ un’idea precisa di un’azione immediata, facilmente realizzabile, capace di provocare tante altre azioni ad essa correlate….

 

Come e Quando ? FIUGGI UPGRADE  viene elaborato nel 2017 su input di nostri colleghi che a livello regionale lavorano su un piano di itinerari ciclabili  finalizzato  alla  costruzione  di  una  rete  interregionale per il cicloturismo…

 

La sfida? Quella di realizzare una pista ciclabile urbana capace di riconnettere tutti i tratti già esistenti…. In linea teorica: individuare linee di riqualificazione capaci di determinare AMBITI di INTERVENTO potenzialmente oggetto di RIGENERAZIONE  ai sensi della L.R. 7/2017 e oggetto di  concorso di progettazione in due fasi.

 

Il concorso di progettazione in due fasi come momento di ricerca, di innovazione e di individuazione di una strategia, di una visione. Ma sto tergiversando….

 

Dicevamo, la pista ciclabile come conduttore… La nuova pista ciclabile attraversa gran parte del comune di Fiuggi, connettendo le varie centralità presenti sul territorio, tra cui il centro storico ed il centro sportivo Capo i Prati. Connessione di centralità urbane  e connessione territoriale, la pista si propone come snodo significativo per i territori  limitrofi tra cui la riserva del Lago di Canterno e la pista ciclabile  Fiuggi -Paliano  con un collegamento di estrema rilevanza con i Siti di Interesse Comunitario SIC.  Per una Lunghezza Totale di 47,10 Km che se paragonata con il  GRAB  di Roma che è lungo 44,2 Km ti viene da dire: “Mica male!”

 

 


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